Metodo o Talento?
- giuseppe taranto
- 7 gen
- Tempo di lettura: 4 min

Tutti noi, indistintamente, siamo stati, o lo siamo ancora, bravi a fare qualcosa, che ci rende anche orgogliosi, e ci dicevano che avevamo talento per quella cosa lì. Oppure succedeva l’esatto contrario, ovvero ci dicevano che non avevamo talento per quella cosa, ma a noi piaceva ugualmente e quindi ci impegnavamo e alla fine un risultato decente riuscivamo a portarlo a casa e ne eravamo più che contenti.
Ecco, in entrambe quelle situazioni, quando si palesava un talento o quando proprio venivamo bollati come non talentuosi, avveniva comunque qualcosa di magico e misterioso, ovvero entrava in gioco una parte di noi incosciente, il cosiddetto talento nascosto, che agiva in maniera automatica e andava spedita verso la propria strada, verso la meta, meglio di tanti altri che magari facevano più fatica ad ottenere gli stessi risultati.
Oppure avveniva l’opposto, cioè volevamo a tutti i costi riuscire in una determinata disciplina, ottenere uno specifico risultato ma non avendo la propensione naturale adeguata, quella che metteva il pilota automatico e andava avanti da sola, dovevamo inventarci un sistema per colmare un gap, per fare quello che ci piaceva e per il quale non avevamo una naturale propensione, e allora studiavamo un sistema che ci permettesse di raggiungere dei risultati il più soddisfacenti possibili.
Parliamo proprio di quelle due facce della stessa medaglia, che ci permettono di arrivare a grandi successi nei nostri campi, ovvero il talento e il metodo.
La definizione di talento, secondo lo Zingarelli, è la seguente : «Dal latino ecclesiastico talentu(m) “moneta”, nel senso di “dono dato da Dio”. Ingegno, capacità, inclinazione. Persona dotata di ingegno e capacità. Una sua sfumatura può essere “predisposizione”».
In questa definizione si intuisce molto bene che la componente naturale è la base della capacità che stiamo sfruttando per ottenere quel dato risultato, che sia personale, professionale, sportivo o anche musicale (in entrambi questi ultimi campi se ne sente parlare molto spesso e più facilmente).
Invece, il metodo, sembra essere più scientifico, meno naturale rispetto al talento. Ma è davvero così?
Lo Zingarelli definisce il metodo in questo modo : «Criterio o insieme di criteri direttivi secondo i quali si fa, si realizza o si compie qualcosa. Procedimento, impostazione. Ordine, precisione. Modo di agire, di comportarsi».
Se volessimo attenerci alla definizione del dizionario, potremmo concludere che il metodo sia un comportamento non propriamente naturale ma un atteggiamento che prevede la razionalità per realizzare o fare qualcosa.
Eppure, usando un approccio un po’ più filosofico, possiamo osare affermare che nel metodo sia presente anche una piccola componente naturale, che si palesa nel momento in cui decidiamo di intraprendere una determinata attività, e si delinea definitivamente quando ci accorgiamo di essere in grado di mettere su un progetto metodologico che supporti e sopperisca la mancanza del puro talento. Mettiamo in campo, quindi, la nostra propensione ad un approccio più analitico e sistemico di una determinata attività, usiamo la nostra parte più razionale.
Aggiungerei anche che la componente naturale di chi non ha talento è proprio la capacità di adattamento e di impegno nel voler realizzare qualcosa, la perseveranza purché non diventi ostinazione vuota e senza risultati.
Chi è dotato di grande talento, e nel tempo non si è mai chiesto come sia in grado di fare quello che fa, è probabilmente destinato a godere di quei risultati per un tempo minore semplicemente perché se non sa come fa a fare una cosa, nel momento in cui diventi necessario ripetere quella cosa in condizione diverse da quelle che mettono in moto il talento, potrebbe trovarsi in difficoltà e non arrivare ai medesimi risultati precedentemente ottenuti.
Le persone che, invece, applicano un metodo rigoroso e strutturato alla propria attività sapranno esattamente come riescono a ottenere quei risultati proprio in virtù del fatto che hanno costruito uno schema ripetibile, per cui, nel momento in cui si rischia di arrivare ad un fallimento, hanno tutti gli strumenti per comprendere se e come intervenire per evitare quanto meno il peggio.
Seguendo questa linea di pensiero, viene da dedurre che ci siano persone talentuose e persone che invece hanno soltanto metodo. O tutto bianco o tutto nero. Invece no, tra il bianco e il nero esistono una infinità di altri colori e sfumature.
Ci sono esempi, nel mondo dello sport in primis, ma anche nella musica, e scommetterei in molti altri campi professionali e personali, che ci hanno dimostrato che il solo talento a volte non è garanzia di risultato. Anzi, spesso accade che chi sa di avere talento e affida ad esso tutto, basando la propria attività solo sul genio personale, lentamente si avvia verso il declino prematuro della propria attività, proprio perché gli manca la struttura di base che renda il lavoro automatico e ripetibile. Al contrario, chi fa le cose con soltanto metodo, riesce a rendere schematico il proprio lavoro, ma poi manca di quel genio necessario a tirar fuori la novità che lo riporta in pista, quel quid in più che gli permette di essere differente dalla concorrenza, totalmente o in parte.
Quindi, tornando alla domanda del titolo, ovvero se sia meglio il metodo o il talento, la risposta può essere semplicemente “dipende”. Dipende da quanto il talento sia profondo, puro e ben equilibrato nella persona che ne è in possesso. E dipende anche se il metodo, che in parte sopperisce al talento mancante o scarso, sia tanto ben strutturato e scientificamente organizzato da saper sfruttare anche un talento non così cristallino.
In conclusione, il mix perfetto di talento e metodo è certamente la soluzione che permette di portare avanti i propri obiettivi nel lungo termine e di essere in grado di sistemare le cose quando si affrontano periodi in cui le performance calano o si ha bisogno di affrontare un cambiamento.
Due esempi che mi vengono in mente, di ambienti e periodo storico decisamente differenti, ma che incarnano la fusione perfetta di talento e metodo, sono Beethoven e Cristiano Ronaldo. Due geni nel loro campo che hanno saputo applicare anche un ottimo metodo per portare il loro lavoro a risultati storicamente straordinari.
In definitiva, se già sai di saper fare bene qualcosa e questo ti porta ottimi risultati, pensa a quali altri risultati potresti arrivare se al talento affiancassi anche un metodo ben strutturato e personale, tale che ti permetta di sfruttare le capacità e di rendere quei risultati sempre ripetibili e sempre più performanti.



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